lunedì 31 ottobre 2011

DE PROFUNDIS

DE PROFUNDIS


Non conoscevo il mare, forse l’avevo sognato, immaginato, era una finestra incolore davanti ai miei occhi e cercandolo ancora ho trovato te, sei tu il mio mare; delizia dei miei occhi, maestà dei miei sensi.
Se l’amore rende muti, allora la mia bocca non sarà più aperta, ma nella continua ricerca di parole, ho paura di non trovarne da poterti donare, temo che tu non sappia mai, che tu non comprenda mai, che tu rimanga inconsapevole, che tu non possa stupirti del mio assoluto silenzio.
Come dirti allora di questa follia che mi ostino a chiamare amore? La ritrovo nel tuo sguardo,
fra l’azzurro che sposa i tuoi capelli, fra le dita che sfioro quando dormi, la ritrovo come freccia
appuntita che mi trapassa se provi ad abbracciarmi, la ritrovo nelle tue grida di festa, quando da una stanza all’altra mi chiami sorridendo e mi corri incontro, la ritrovo nel tuo profumo che non se ne va e che mi porto dietro come un bagaglio leggero che non lascio.
Ora che amo io comprendo, come nulla è più necessario al mondo dell’amore stesso che muove ogni cosa, che non trova ostacoli, che non conosce confini e che ci nutre a nostra insaputa ed anche contro la nostra volontà, con caparbietà e potenza folle, esso ci riconduce alla nostra natura di esseri incapaci alla solitudine, fragili e indifesi contro i nostri stessi orrori.
Come dirti queste cose, se neanch’io so spiegarmele?
Tante volte, però, un semplice incontro di sguardi rivela tante più cose di quante non possa farne la più incredibile delle poesie, il poeta più illuminato, il più geniale dei pittori, il più ispirato degli oratoti.
Allora, mia vita, guarda i miei occhi se vuoi sapere di me, ti diranno tutto, più di quanto non cerchi di fare la mia bocca, più di quanto oserebbero le mie labbra, più di quanto saprebbe fare un abbraccio.
Perché il profondo è dentro e nessuno può entrare, nemmeno tu che tieni in una mano la mia vita, mentre tendi l’altra a cercare chissà cosa, chissà quando, chissà chi.

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